lunedì 30 giugno 2014

Restare centrati sul proprio Potere

Sarà capitato a tutti di trovarsi con una persona che "ci fa perdere la pazienza", e anche se sappiamo ormai benissimo che gli altri non sono mai fuori di noi, non riusciamo a restare centrati sul nostro Potere personale.
Pochi minuti con quella persona o in quella situazione ed ecco che veniamo proiettati fuori di noi, incapaci di restare focalizzati sul nostro Centro di Gravità Permanente, come cantava Battiato tanti anni fa.

Foto di Isara Graziano
Come fare? Posto che ci vogliono anni e anni di pratica per identificarsi finalmente in modo definitivo con la propria anima, da alcuni giorni sto sperimentando una tecnica. E pare funzioni.

Appena svegli, o il prima possibile al mattino, cercare di stare in contatto con il proprio Sé superiore in silenzio. Seduti, in un posto appartato, fosse anche sull'asse del wc, stare lì ad ascoltarsi, a riconnettersi con la propria anima.
Sentire che essa è dentro il corpo ma non è il corpo, percepire che è immortale, infinita e quindi INVINCIBILE.
Restare il più possibile in quella sensazione di grande forza interiore, di allineamento, sicurezza, fiducia, silenzio della mente.
Sorridere al proprio Sole invincibile interiore.
Quella è la nostra fonte di vita.
Inamovibile.
E ricontattabile ad ogni momento opportuno.

Autoritratto dell'autrice
E' questa la chiave.
Una volta sentito che abbiamo questo centro di forza permanente e invincibile dentro di noi, l'unica cosa da fare nei momenti in cui stiamo per uscire da noi stessi e reagire, è osservare che sta arrivando la reazione e ricordare che quella situazione o quella persona ci sta mostrando che ci sentiamo impotenti.

Ma quel sentirsi impotenti è proprio la chiave per comprendere che non è vero che lo siamo, è solo una percezione errata della realtà.

Tornare al centro, ogni volta, come un mantra. 
E vedrete i risultati in un battibaleno. 

venerdì 27 giugno 2014

La voce della nostra coscienza sono gli altri

Conoscendo ormai le regole della famigerata Legge dello Specchio, sappiamo che tutto ciò che vediamo accadere al di fuori di noi arriva da una nostra creazione interna inconsapevole.

In questa riflessione di oggi, vorrei concentrarmi in particolare su quei dialoghi con persone che ci dicono qualcosa di utile.
In realtà ogni cosa che ci viene detta, per quanto possa apparirci ingiusta e gratuita, è sempre utile per vedere con distacco le nostre convinzioni inconsce, ma a volte accade che sfogandoci con persone amiche ci venga detto qualcosa di rivoluzionario.

Foto dell'autrice
Prima di tutto, un vero amico non è colui che ci batte sulla spalla mentre piangiamo dicendoci che abbiamo ragione a disperarci, perché la vita è brutta e cattiva e noi siamo le vittime.
Al contrario, il vero amico è colui che ci dà una bella strapazzata, e ci dice - amorevolmente o no - quello che non vogliamo sentirci dire.

Ogni volta che ci viene detto qualcosa che scardina le nostre convinzioni schematiche su noi stessi, sulla nostra vita, sulle nostre relazioni e relativi problemi, ogni volta che ci viene detta una verità di fondo su noi stessi come creatori - e quindi unici possibili risolutori - dei nostri problemi, quella è la voce della nostra coscienza che ci parla.

Si sa, il Divino opera in modi misteriosi, e crea fuori ciò che già sappiamo dentro, perché il nostro vero Sé superiore è onnisciente. 
Ma, incapaci di ascoltare quella saggezza in noi stessi, la Vita ce la crea fuori tramite quell'amico/a che ci dice la cosa giusta al momento giusto.

In questo senso, la voce della nostra coscienza sono gli altri. 

Ma sta a noi accettare quanto ci viene detto, anche se è una verità scomoda e dolorosa.
Dovremmo avere, in quei momenti, l'umiltà di inchinarci con gratitudine davanti a quella voce che parla tramite il cuore dell'amico/a.

giovedì 26 giugno 2014

Il Fuoco guerriero

Mi è capitato di recente di trovarmi a spiegare il perché una persona dovrebbe metterci così tanto impegno nel lavoro su di sé. Perché passare mesi o anni ad osservarsi, a fare esercizi di presenza, e così via?

La risposta non è soltanto nella volontà di uscire dai propri problemi, dal dolore, dalla sofferenza psichica. Fondamentalmente, ciò che fa davvero la differenza, quello che ti dà la spinta e la grinta maggiore nel lavoro su di te, è il Fuoco guerriero.


Ritratto dell'autrice (autore anonimo)
Se davvero ti vuoi bene, come puoi permettere al disagio che arriva solo da costruzioni mentali, da limiti autoimposti, dalla non conoscenza di sé profonda e dalla paura di guardarsi davvero dentro di gestire la tua vita? 
Preferisci vivere da burattino schiavo degli schemi mentali, lasciandoti vivere, scappando di continuo da te stesso - cosa che non fa che peggiorare il disagio?

Io no. Quando mi sono detta IO NO ho riattivato quella spinta interna a combattere i miei demoni. A guardare in faccia le mie paure fino a vederle svanire come un fuoco di paglia.
Ho avuto tanta paura nella mia vita e tanto senso di disagio profondo, di insoddisfazione, di scollamento.
Ma le mie paure non erano nulla, alla fine, rispetto alla volontà di cavalcare il drago, cioè la mia vita, prendendo le redini della situazione.

Se hai un minimo di amor proprio dentro di te come puoi permettere ai tuoi demoni di manipolare la tua vita? Come puoi continuare a dare la colpa delle tue disgrazie al mondo, alla tua famiglia, alla scuola, alla società, alla politica?
Se pensi sia colpa loro, stai dando loro il potere di schiacciarti come un insetto.

Non esiste paura che non si possa guardare in faccia. Non esiste luogo buio dentro di noi che non si possa illuminare.


Foto dell'autrice
E chi non l'ha provato non sa quale soddisfazione, senso di unità e di allineamento con il proprio Sé superiore, con la propria missione, si prova quando si comprende che i nostri demoni li abbiamo domati. 
Senti finalmente di avere un grande Potere. Lo senti vibrare in ogni cellula del tuo corpo. Lo senti anche nel tuo portamento mentre cammini. 

E' in quel momento che comprendi davvero cosa significhi essere un guerriero spirituale.

mercoledì 25 giugno 2014

Affrontare il disagio

A tutti capita o è capitato di vivere delle situazioni di profondo disagio. Ci sono dei momenti in cui si avverte un turbamento, una forma di resistenza a qualcosa che non ci piace o non ci soddisfa, oppure avvertiamo un dubbio amletico emergere allo scoperto e non sappiamo quale strada prendere.

Se avvertiamo un nodo allo stomaco, una certa voglia di ritrarci, questi sintomi non sono necessariamente indice di paura e voglia di fuggire davanti a delle responsabilità. Al contrario, a volte è il nostro istinto profondo, una sorta di vecchia strega saggia che alberga dentro di noi, a sussurrarci all'orecchio dell'anima che necessitiamo di prenderci del tempo per riflettere.

Autoritratto dell'autrice
O meglio, più che riflettere, che è un'azione mentale, dovremmo stare. Stare lì, diventare un tutt'uno con il nostro Osservatore Silenzioso e vedere cosa sta accadendo in noi. Come fosse un film, una fiaba narrata, stare a vedere come si dipana la storia, senza avere la pretesa di intervenire attivamente. Almeno finché le idee non si sono schiarite e avvertiamo finalmente che è il momento di agire, in base a ciò che abbiamo osservato e sentito.

Ritrarsi non è sempre indice di codardia, ma di prudenza. Ritrarsi è avere il coraggio di guardarsi dentro - poiché riconosciamo che tutto viene dall'interno di noi - e di andare in profondità.
E' affacciarsi al pozzo oscuro, sporgersi dal ciglio dell'abisso.
In silenzio.

So che è difficile ritrarsi per stare con sé stessi quando avvertiamo la non comprensione dei famigliari, degli amici e colleghi. La tentazione di dare spiegazioni è grande, e ancora più grande è l'impulso a dire una bugia comoda, che in apparenza non nuoccia a nessuno.
Invece, credo che l'unica cosa possibile e senza controindicazioni  sia dire apertamente che abbiamo bisogno di riflettere su cose personali, e che ci serve tempo per comprendere. Punto. Perché è la verità e non c'è bisogno di scendere nei dettagli.
Autoritratto dell'autrice

La cosa più difficile, però, è un'altra: non metterci di mezzo la razionalità cercando di trovare scuse per come ci sentiamo o darci spiegazioni mentali. Stare e osservare è farlo senza la mente razionale e senza giudizi.

L'atto magico, ciò che dipana le tenebre, è sempre e solo l'osservazione del disagio, non andare all'origine dello stesso, come ben spiega il grande Maestro Eckhart Tolle.
Più ci attacchiamo a quel disagio piangendoci addosso o lamentandoci, più ne rimaniamo invischiati.






lunedì 23 giugno 2014

Il deserto

Quando senti aridità intorno a te, quell'aridità è tua, come ogni cosa. Dall'interno si rispecchia all'esterno.

Se la vita sociale o sentimentale ti pare un deserto, quel deserto è dentro di te. Di lì non si cappa.
La cosa più allarmante è quando quel deserto lo senti anche se sei in coppia o in compagnia.
Quella è la misura definitiva per comprendere una volta per tutte che non è mai all'esterno, il problema.
Vedi ciò che risuona in te.

Foto dell'autrice
Ci sono moltissime ragioni per cui ci creiamo il deserto, o lo sentiamo dentro.
Ma non si può passare la vita ad indagare in maniera razionale il perché delle cose che sentiamo. Potrebbe volerci anche più di una vita intera, e non è detto che funzioni!

L'unica cosa da fare è osservare e osservare e osservare ancora e ancora.
Non trovare via di fuga fittizie e illusorie.
Non stare a lamentarsi del proprio deserto né di ciò che attiriamo.
Non concentrarsi su ciò che non funziona.
Ma stare. Appoggiare l'attenzione, l'osservazione calma e non giudicante su quelle emozioni/reazioni che ci portano a sentire quel deserto che grida dentro di noi e fa male.

Di solito, la sensazione del deserto è mancanza d'amore. Semplice.
Ma pare difficilissimo trovare l'amore dove pensiamo non ci sia. 
Eppure, se immaginiamo un deserto sappiamo benissimo che esiste vita anche lì. 
Ci sono animali e piante insospettabili che si sono adattati alle condizioni estreme.
C'è vita anche nell'arido deserto, questa è la buona notizia!

Quindi, quando si è osservato abbastanza da prendere atto una volta per tutte che non esiste sensazione di deserto che non sia nostra, ecco che a quel deserto possiamo dare amore.

Foto dell'autrice
Possiamo portare acqua e nutrimento. E possiamo farlo soltanto noi stessi, questo deve essere ben chiaro.
Il come è soggettivo, ma quando ci si conosce abbastanza bene si sa anche che cosa ci nutre e cosa no.
Comunque, nel caso di un dubbio atroce e divorante, nel caso ci sentissimo brancolare nel buio e proprio non sapessimo come portare acqua al nostro deserto, la magia più efficace è la preghiera.

Non importa di che tipo, se una preghiera cristiana, o un mantra buddista, induista o l'Ho'oponopono. 
Può essere un semplice Ti Amo.
L'unico nutrimento alchemico che trasmuta le emozioni inferiori in superiori è l'Amore.

Amando quel deserto, lo facciamo rifiorire.
L'Amore lo trasforma in oasi benedetta.

venerdì 20 giugno 2014

Sulla timidezza

Si sa che chi si definisce timido teme di essere giudicato, deriso, criticato, additato.

Secondo la Legge dello Specchio, tutto ciò che viene dall'esterno risuona in qualche modo con noi, e le nostre paure parlano sempre di noi, di come siamo veramente.
Foto dell'autrice 

Se temo di venir criticato, sono uno che critica gli altri.
Se temo il giudizio, sono uno che giudica.
Se temo la derisione, chissà quante volte ho io stesso deriso qualcuno.

La critica non è né giusta né sbagliata, ma se la temiamo è perché siamo i primi a giudicarci male quando critichiamo qualcuno o qualcosa.
Il problema sta nel non esserne consapevoli.

Dove c'è una timidezza, c'è una personalità giudicante.

mercoledì 18 giugno 2014

Non ci è dato sapere

Un errore in cui incappiamo spesso, e mi ci metto in prima persona, è quello di avere la presunzione di capire da subito il perché di un evento.

Incappiamo nell'ansia di razionalizzare dando subito un'interpretazione - spesso frettolosa e quindi miope - di qualcosa che ci sta accadendo, in cui siamo coinvolti.

Il non giudizio dovrebbe valere anche per le interpretazioni razionali dei fatti. 
Foto dell'autrice
Quando siamo coinvolti in un evento, incappiamo in un incontro, o abbiamo un incidente, dovremmo sforzarci di restare concentrati sulle emozioni, sulle reazioni dei nostri tre corpi, ma non pretendere di capire in quale quadro si inserisce il fatto. 

Come possiamo noi, totalmente immersi nel flusso della vita, capire davvero dal di dentro il perché sta accadendo un fatto?

Soltanto a distanza di tempo, quando ne siamo meno coinvolti o sono accadute altre cose, altre persone sono entrate o uscite dalla nostra vita, solo allora possiamo vedere il progetto.
E allora scopriamo con stupore che anche gli eventi apparentemente nefasti e problematici, le persone che ci hanno tirato fuori conflitti e sofferenze, erano il meglio che potesse accaderci. 
Faceva tutto parte del Piano Divino.


martedì 17 giugno 2014

Tenere un diario alchemico

Si parla spesso di osservazione senza giudizio per trasmutare le emozioni negative, ma soprattutto per conoscerci, per capire bene come funzioniamo.

Se non capiamo come siamo fatti non sapremo quali tasti toccare per porre quei cambiamenti necessari sulla via della serenità interiore, dell'equilibrio.

Una cosa fondamentale da fare, come sforzo quotidiano, è tenere un diario. 
Ma non un diario qualunque, in cui sfogare le nostre frustrazioni o scrivere dei nostri sogni ad occhi aperti.
Un diario in cui mettiamo per iscritto, senza giudizio e con la massima sincerità e lealtà verso noi stessi, tutto ciò che si muove dentro e fuori di noi.
Metaforicamente, un diario alchemico.
Foto dell'autrice

Non ha importanza interpretare il perché delle cose che ci accadono in un'ottica di risveglio interiore. Il diario non serve ad interpretare gli eventi, solo ad osservare.

Registrare con la massima cura tutte le emozioni e gli accadimenti della giornata appena trascorsa. Cosa ha fatto il corpo mentale in una data situazione, e il corpo emotivo, e quello fisico.

Siete andati in Posta e due persone litigavano insultandosi pesantemente per una supposta scortesia o sopruso di uno dei due. 
Come vi siete sentiti? Impauriti? Infastiditi? Volevate uscire fuori dall'ufficio? Avete provato antipatia per uno dei due o per entrambi?

E' probabile che fissando quotidianamente le reazioni dei vostri tre corpi, a lungo andare scoprirete che i litigi di cui vi trovate ad essere testimoni vi fanno reagire nello stesso modo. Magari con la voglia di fuggire.

Scoprirete che a un dato atteggiamento da parte di un parente avete sempre la stessa voglia di prenderlo a schiaffi… E così via...

Questi sono schemi che, se non li fissate prima con l'osservazione e poi sul diario, non riuscite davvero a capire quanto siano reazioni meccaniche e sempre uguali.

Ma se finalmente un giorno capite che al cugino reagite così, alla mamma cosà, al figlio invece in quest'altro modo e alla vicina di casa in un altro, potrete conoscervi sul serio.
Senza giudizio. Senza interpretazioni.
Io funziono così. Punto.

Non ha senso sentirsi in colpa. 
E' fondamentale prendere atto delle cose così come sono:
Pinko Pallo mi sta sul culo! Ok. Preso atto della cosa.
Non sopporto Caio perché mi infastidisce la sua ignoranza. Ok. Registrato.
Foto dell'autrice

(Anche se sapete che è sempre la Legge dello Specchio che sta agendo su di voi, non importa che lo scriviate anche nel diario.)

Una volta preso atto di questo, in assenza di giudizio succede un miracolo: l'accettazione. 
E con l'accettazione, cambiate.
Perché sapete già come reagirete in una determinata situazione e alla fine, sapete che succede?
Che smetterete di reagire sempre nello stesso modo.
Perché sarete consapevoli.

Come dicono i Maestri, accendendo la luce (dell'osservazione) il buio, come è ovvio, scompare.


venerdì 13 giugno 2014

Presenza orgasmica

Le fantasie sessuali sono spesso incoraggiate dagli stessi sessuologi per stimolare le persone ad affrontare il sesso con maggiore trasporto, per aggiungere un pizzico di piccante a rapporti che rischiano di cadere nella routine.


Foto dell'autrice
Questo è senz'altro vero, ma è altrettanto vero che il rischio, alla lunga, è di non vivere il momento dell'atto sessuale con la giusta Presenza.
Chi ha molta fantasia rischia di rifugiarsi in fantasie erotiche anche nel momento in cui è con il proprio partner, ma tenendole per se stesso è come se facesse sesso virtuale, con un partner immaginario.

Conosco donne che usano questo espediente per evitare di dover davvero guardare un partner con cui non hanno più nulla da spartire, in relazioni morte da tempo.

Nessuno, o quasi, invece incoraggia le coppie a vivere intensamente ogni singola sensazione provata durante la copula, a stare concentrate sul respiro, sull'odore, sulle sensazioni tattili, sul piacere nelle zone erogene.

Si parla sempre più spesso di esercitare la Presenza nella vita quotidiana ma si rischia di dimenticarla durante il sesso, che invece può essere un grande esercizio di consapevolezza del Qui e Ora.

Se si prova ad evitare di vivere film mentali con le nostre fantasie
Foto dell'autrice
erotiche più sfrenate - che paiono stimolarci all'inizio ma ci portano fuori dal corpo - e ci si concentra sulla pura sensazione corporea, tutto cambia: il sesso diventa più profondo, il piacere più intenso e l'orgasmo più soddisfacente.


A quel punto non è più il nostro Io erotico a fare sesso con qualcuno, ma il nostro Sé che lo sperimenta attraverso la nostra macchina biologica. 

giovedì 12 giugno 2014

La vita è un palcoscenico

Uno dei modi per disidentificarsi con il proprio corpo fisico e mentale, rompendo gli schemi, è imparare a guardare la vita come un palcoscenico.
Un vero attore deve essere bravo a impersonare tutti i ruoli che gli vengono affidati, e scegliendone lui stesso di completamente diversi. Un attore che recita sempre lo stesso ruolo, ad esempio il duro, non è un vero attore.


Foto dell'autrice
Invece noi abbiamo la tendenza a restare nella nostra comfort zone, vestendo sempre gli stessi panni. 
Se siamo degli impiegati di banca, una volta usciti dal luogo di lavoro, perché continuare a fare l'impiegato?

Una mamma è anche una donna, magari una moglie, un'amica e può darsi pure una lavoratrice. Eppure, spesso chi è madre ha la tendenza a pensare che una certa cosa non la può più fare perché ora è una mamma. 
Perché mai una mamma non dovrebbe fare le stesse cose che fanno gli altri?
Se ti senti una mamma vuol dire che ti sei identificata completamente in quel ruolo.

Noi facciamo le mamme, gli impiegati di banca, le rockettare andando ai concerti, i mariti e le moglie, ecc., ma non siamo quei ruoli.

La vita è un gioco, è uno psicodramma, e come tale andrebbe vissuta. Entrando ed uscendo dai panni che in quel momento ci paiono più consoni. Oppure, nella consapevolezza, anche rompendo le regole sociali.

Se decidiamo di presentarci a un matrimonio vestiti da punk, ha un senso farlo solo se abbiamo voglia di giocare con noi stessi a sfidare la paura del giudizio. Ma se invece ci andiamo così vestiti perché ci identifichiamo con il ribelle che va contro il sistema borghese, quella è una identificazione. 
Foto dell'autrice


Spesso ci illudiamo di essere noi stessi e di fregarcene del giudizio altrui, ma dove c'è un atto di ribellione verso la società è probabile che ci sia un'identificazione di mezzo.
Invece, dovremmo ribellarci ai noi stessi!

Se vogliamo davvero essere liberi dagli schemi, allora dobbiamo imparare a vestire i ruoli proprio come su un palcoscenico, e allora sì che ci si diverte!


mercoledì 11 giugno 2014

Angeli caduti

Siamo tutti abituati per cultura a considerare il Male come un'entità a sé stante, e molti credenti considerano tale anche Satana.

I Maestri spirituali hanno posto l'accento sul fatto che tutto ciò che viene considerato Male non è altro che separazione dell'Uno, illusione del mondo materiale di essere qualcosa di staccato dal Divino.
Caduta degli angeli ribelli - P. Bruegel il Vecchio (Particolare)
E'  male o peccato tutto ciò che ci porta fuori dal nostro centro divino interiore e dall'Amore.

Non molti si rendono conto che già la figura mitologica dell'Angelo caduto Lucifero (Portatore di Luce) è un emblema di questa separazione, in quanto, ribellandosi a Dio e quindi allontanandosi da Lui, cade e si perde, diventando il Satana che tutti conosciamo.

Quindi è già chiaro nel Mito che la caduta di Lucifero è la nostra separazione dall'Uno, e in ciò ha origine il concetto di Male.

Con la consapevolezza possiamo vedere che il Male è solo pura
Particolare di un dipinto di Andrea Commodi
inconsapevolezza, con i danni relativi da essa causati. 

Tutto ciò che non funziona nel mondo non è opera di Satana come entità, ma è frutto dell'ignoranza, della cecità dell'essere umano che non riconosce la propria natura divina.

L'inferno che per secoli l'essere umano ha temuto non è nell'aldilà ma in terra, ed è creato da lui stesso. 
Separazione è dolore e sofferenza, quindi un inferno in terra, letteralmente.

Siamo un po' tutti angeli caduti. Fino a che non impariamo a vedere.




giovedì 5 giugno 2014

Sulla dipendenza - Precetto 87

Precetto 87 dal Vangelo di Tommaso
Gesù disse: "Misero è il corpo che dipende da un corpo, e misera è l'anima che dipende da ambedue".

In questo versetto risulta evidente che ci si riferisce all'identificazione con il proprio corpo.
Essendo il corpo mortale, se in esso ci identifichiamo, viviamo una vita d'angoscia per paura di morire, di soffrire dolore fisico, nella limitatezza di una visione del mondo distorta.

Se ci identifichiamo con le nostre idee, i gusti, le opinioni, gli accadimenti del nostro passato, con le speranze e le ambizioni, dimentichiamo che quelle sono costruzioni mentali che moriranno insieme al corpo fisico.
L'anima vive in un corpo dimentico della sua presenza, dimentico di essere qualcosa che va oltre la materia, una pura consapevolezza divina. 
Questa è la miseria cui accenna Cristo.

Foto dell'autrice
La prima parte della frase si concentra sulla dipendenza da altri corpi. Ovvero, l'innamoramento, la dipendenza dai genitori nell'età adulta, l'amicizia come àncora di salvezza da una solitudine che spaventa.

Se dipendi da qualcosa che è fuori di te, stai dando potere a qualcosa di impermanente di farti sentire al sicuro.
Altra grandissima miseria.

Tutto ciò che è qui sulla terra, nella sua manifestazione materiale, è destinato a morire, a passare, a trasformarsi. 
L'impermanenza delle cose è un concetto molto caro anche al buddismo.

Se dipendiamo da qualcuno, e quel qualcuno muore, ecco che si manifesta la miseria di un corpo che si dispera per la perdita.
Io non posso vivere senza di te è la classica frase che si dice davanti alla malattia mortale o alla morte di una persona cara.
Ma non è vero.

Questo non significa non provare dolore, ma illudersi di non poter vivere senza una persona significa arrendersi, morire prima di morire, ma senza sapere di essere qualcos'altro oltre a questo corpo.
Misera è davvero la persona che consegna ad altri corpi la propria vita. 
Misero è colui che non riconosce il proprio potere personale.

mercoledì 4 giugno 2014

Vangelo di Tommaso: Precetto 29

Dal Vangelo secondo Tommaso - Precetto 29:
Gesù disse: "Se la carne è stata fatta per lo spirito, è una meraviglia. Se lo spirito è stato fatto per il corpo è una meraviglia delle meraviglie. Ma io mi stupisco che una tale opulenza abbia preso dimora in questa povertà".

Qui risulta chiaro che lo spirito si serve del corpo per fare un'esperienza terrestre.
Inoltre, questo corpo si adatta alla vibrazione energetica dell'anima che ospita, cioè, la forma del nostro corpo è derivata da quella dell'anima.
Perché il corpo è formato da un addensamento di materia che è tenuta insieme dall'anima, quindi non può che assomigliarle.

Foto dell'autrice
Ed è chiaro che lo spirito sia fatto per il corpo, se no non potrebbe incarnarsi nella materia. 
Esso si incarna per fare esperienza di sé e riconoscersi tramite il corpo fisico.
Per questo Cristo la definisce una meraviglia delle meraviglie.
Ne riconosce la genialità. 
D'altronde, come può il Divino non essere geniale?
E il suo stupore è proprio quello dell'illuminato di fronte alla Bellezza e Perfezione del Creato.

L'ultimo versetto non ha una connotazione negativa, come potrebbe sembrare di primo acchito. La povertà è la limitatezza e finitezza della materia rispetto all'anima che è immortale e allo Spirito divino, che è infinito.

Come scrive il commentatore Richard Valantasis, la ricchezza del regno spirituale vive nella povertà del mondo.





martedì 3 giugno 2014

Precetto 70 dal Vangelo di Tommaso

Precetto 70 dal Vangelo di Tommaso
Gesù disse: "Quando in voi stessi genererete ciò che avete, esso vi salverà. Se in voi stessi non l'avete, ciò che non avete vi ucciderà".

Questo precetto è molto chiaro: la salvezza arriva solo da dentro, se ricerchiamo la salvezza al di fuori ne usciremo distrutti.

Questa è una rivelazione ma anche un monito.
Tutto ciò che cerchi è già dentro di te.
Lo vedi negli altri perché vivi l'illusione della separazione tra te e il mondo esterno.
Quindi, se cerchi qualcosa, cercalo dentro, non fuori.
Più cerchi fuori, più ti perdi. 


Foto dell'autrice
Il mondo esterno è un riflesso dell'interiore. E quindi nulla può salvarti dall'esterno.
La felicità non arriva da nessuno se non te stesso, la pace non ti può essere data da qualcun altro, l'amore che vedi fuori è quello che porti nel tuo cuore. 

Non elemosinare qualsivoglia cosa, ce l'hai già dentro.
Se continui a elemosinare al di fuori, muori di inedia.
Questo è il significato dell'ultimo versetto. 
Ciò che non hai (trovato all'interno perché continui a cercare fuori) ti uccide perché ti danna, ti fa uscire di senno illudendoti che ciò che cerchi è impossibile da trovare o peggio, continui a cercarlo ossessivamente negli altri, ma gli altri continueranno a deluderti perché non sono loro che ti possono dare ciò che cerchi.

Non esiste nulla al di fuori di te. 
L'unico mondo possibile è il tuo mondo interiore.